ARATRO

Anticamente costruito solo in legno, poi in legno e ferro, l’aratro è lo strumento necessario per staccare dal terreno fette orizzontali profonde da 10 a 40 cm. – per lo scasso dei terreni incolti anche fino a un metro – rovesciandole o frantumandole allo scopo di predisporre il terreno a semine e piantumazioni, di ricoprire sementi, di interrare fertilizzanti. Il terreno risulta sminuzzato, aerato, rimescolato e pronto a meglio assorbire acqua, a sviluppare l’apparato radicale, a favorire i processi chimico-biologici inerenti alla nutrizione delle piante. Componenti dell’aratro sono il coltro o coltello – liscio, dentato o fornito di scalpello montato sul bordo del vomere – che taglia la zolla in direzione perpendicolare al piano di campagna per rendere più facile il compito di rivoltatura all’organo che lo seguiva; il versorio (cioè versoio = urigia, lett.: orecchio), piastra cilindrica o elicoidale connessa al vomere, necessaria per rivoltare da 45 a 90° o per disgregare la zolla di terreno appena tagliata. Infine era la trave centrale, anticamente in legno, che interconnetteva gli altri elementi dell’attrezzo. Per il suo trasporto da casa alla campagna il contadino si era dotato di un carretto detto “dell’aratro”, ir carét dl’arä. Gli animali vocati per il traino dell’aratro nei campi erano i buoi, solitamente in coppia.

ARATRO A DOPPIO RIVOLTINO

L’aratro a doppio versorio esegue l’aratura producendo due solcate in contemporanea; era usato per rincalzare il granoturco.

ARATRO IN LEGNO

L’aratro in legno e ferro (vomere e bulloni) esposto, è di seconda generazione; per la sua guida era completato da due tegole o impugnature. Nella parte anteriore una ruota regolava le profondità del solco mediante fori praticati sull’asta che la reggeva.